lunedì 3 ottobre 2011

Carta vetrata



Una volta le donne sculettavano di più oppure i nostri sguardi erano diversi. Era morbido, lieve e sgualcito il paesaggio della tua bocca. Sul tavolino un whisky torboso e le patatine san carlo. Si mugugnavano i fasti della notte precedente e il latte esondò sulla cucina economica. Mi scappò un porcatroia schifa  e con una fidanzata cattolica osservante, praticante e farneticante non è così cool, anzi è una cazzata. Ma le parole sono anarchiche, l’amore non sa l’ineleganza e Antonietta capì. Così provai a frugare di nuovo le sue tette, ma non aveva voglia. Non volevamo fare nulla la mattina, solo essere liquidi nel mondo solido. Hai belle mani Angelo, ti va che ti taglio le unghie? Feci di no. Sotto passava Roma, con la sua rabbia, con l’inconcludenza delle luci, con lo svacco rionale e normale o almeno sembrava essere così. La sera c’era un concerto degli hot tuna, ma prima si doveva passare dall’elettrauto a cambiare una freccia. Ma chi aveva voglia alzi la mano. Sotto le coperte ancora e a giocare con le dita dei piedi come un braccio di ferro degli alluci e “hai vinto tu stronzo” e i capelli si scioglievano, facevano il solletico e nuove sublimazioni, vederti o non vederti tutta nuda era un fatto di clima e non di voglia. Lampeggianti. C’era una volta in cui stare al letto con una che volevi sarebbe stata una roba pura. Ora non lo era, volavano le zanzare, i pappataci e i samotraci. Andate a farvi fottere per cortesia. C’è un momento in cui puoi sentirti quasi in pace con te stesso, arriva un po’ di vento sotto le lenzuola venuto da non sai dove e Antonietta parla di una storia passata, puoi fingere di ascoltare, restare così immobile, deragliare nella perfezione, accendere la pipa, appoggiarla sul comodino poco dopo, fumarle in bocca la tua voglia, sentire la sua e ancora distesi nel nulla, come bambini dopo una corsa incrociano gli occhi.

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