sabato 13 agosto 2011

Surrogati (a Pier Vittorio)


Non se ne può fare a meno. Gianni lui porta il fumo, Bau’ te lo sminuzza, Stefania fa le carte e Bruno la rintuzza. In una spiaggia larga inaccessibile all’amore, si potrebbe scopare e mettere tutto al caldo in un frigidaire malandato. I grilli stanno male e Stefania ha una colica, rumore di lettiga, ma non incide una sega. E’ una di meno e il giro è più serrato e quando è il turno di Fulvio si incazzano un po’ tutti che tira come un bue e vaffanculo. Cosa fa un raccoglitore di conchiglie alle 4 di notte con un bastone storto lungo la linea di costa? E’ una domanda tosta e Gianni soprassiede, preferisce traveggole, preferisce aver sete. Bau’ ha anche la vodka e cordialmente offre, ottimo dissetante per quello spasimante obliquo e anche, tanto lei è sorda da un orecchio, un po’ parecchio stronzo. Ma a lei piace così, sgocciola lunedì, sulle cosce spalancate del giorno dopo. Questa è la nostra favola e Bruno appare sobrio, prima del puntamento era stato a mignotte e odorava ancora di una tirata distratta. Passerà un’oretta circa e rimpatria Stefania buttata come una sporta dall’ambulanza di scorta. Sta meglio e dà le carte ancora che ha saltato tre turni come al gioco dell’oca ferma nella casella  pronto soccorso lungomare. Queste  le nostre vita e Baù lo dice, può esserci di meglio di un giro di acquavite? Soffocando quel sonno, soffocando e basta, un dito in culo al mondo borghese e falso-nomade. Noi siamo gli aquiloni, siamo la nuova avanguardia, stiamo sempre di qui,  piaceva raccontarselo e autoproclamarselo. Siamo una squadretta di periferia con pippe cosmopolite e Fulvio lo dice prendendo a calci le posidonie, smadonnando bruttissimo da lontano oramai. Sembrerebbe irreale quando spunta un micetto e coccolato da tutti diviene un giro stretto. Di peli e contropeli come mandato da dio se ne torna come era venuto tra gli sparti pungenti lontananza in filigrana. Fatti di pasticche e aggiornati e nudi nell’acqua a fare il morto a galla. Quel po’ di natura piaceva, era in buona sostanza irragionevole e affine a quel modo di stare perché “gioia e dolore hanno  confine incerto”, quella battigia adesso era piena di disgrazie umane. Ma arrivano le scialle? Era linguaggio cifrato, l’informatore conosceva ma stava nel giro e non c’era perché per le troiate irreparabili si fa prestissimo, per costruire un sorriso ci vuole un casino di tempo. Era stato un fascista ma ora è più accettabile che balla e sempre in pista “Uno straccio di indipendenza e di autonomia, ognuno per i cazzi suoi, una boccata d’aria per non trasformare il nostro sodalizio in carcere”. C’è una misura in cui tu perdi la misura perché il latte fa follemente acido e la mente si logora in quel luna park costiero, abbondante di perimetro e di troie non sapevamo perché e perché interrogarci. Farsi delle domande avrebbe sconfessato il banco e ci avrebbe separati, molto meglio farsi qualcosa di parecchio pesante e sculettare andante.

Nessun commento:

Posta un commento