lunedì 15 agosto 2011

Stella dell'Universo

Era ovvio fosse felice, camminare con un gelato di pistacchi nel brulicare delle stelle con la sua amica Livia a raccontarsi  di oblique peripezie. Stella aveva un costume intero nero e un pareo pitturato intorno alla vita, una borsetta di colori. Poi si sentì il ghiaccio dei vetri e delle lamiere, nessuna voce e solo un giovane corpo rovesciato sull’asfalto. La macchina dell’omicida non si fermò ed era ovvio, il motorino era per metà restato nel parabrezza e metà stava vicino ad una pozza di sangue. Livia salutò, Stella si fermò. Pianse subito e smise in un attimo, buttò la marlboro, si sentiva ancora Luca che boccheggiava, aveva un braccialetto di perline di plastica sembrava lo guardasse. Guardava Stella invece e tutto divenne immobile in  quell’istante bianco pazzescamente concreto. Stella era chinata sul corpo di Luca e ne sentiva il calore, Luca stava per salutare. Prese il pareo e lo fasciò sulla testa dove le sembrava giusto e no per un attimo non seppe cosa fare. Non si è ancora arresa oggi Stella e non si arrese, conosceva tecniche di rianimazione in luogo di un suo amore del passato che faceva il sub della domenica. Si mise di lato e iniziò con il massaggio cardiaco, premeva forte e lo guardava come si guarda un mandorlo in fiore. Le scie dell’innocenza rigavano la strada di una perfetta sintesi scolpita in una deposizione di cristo. Stella, coraggiosa Stella. Chiamò subito un ambulanza e continuava, mentre Luca era un respiro in fuga. Sedici anni e una fuga in motorino fino alle campagne blu del silenzio. Stella sapeva che dopo tre minuti sarebbe servito un defibrillatore. Gli toccava la fronte, quel gesto così vano Stella lo ripeteva ad ogni pausa della pressione esercitata sulla sua gabbia toracica giovane e sottile, ripeteva quel gesto d’amore insensato perché ogni donna è la madre universale è l’elemento di Natura che genera vita nel cosmo e ogni lacrima cadeva vicino ora. Senza limite, non sapendone il vuoto. Pregò che le sue mani fossero quella rivoluzione elettrica che sarebbe occorsa al cuore, ma non funzionava. Non indietreggiò di un metro e aveva forte la sicurezza di farcela, iniziò senza pensarci con la respirazione bocca a bocca. Passavano randagi senza meta,  auto in corsa decappottabili, provò a fermarne una ma niente, erano stronzi in vacanza tutti. In quel soffio di resurrezione liberamente  disperato ci pose  tutto quello che aveva di sé, ci mise il suo candore e la sua potenza ci mise di ogni mandorlo il fiore migliore, ci mise il suo ventre e i suoi occhi, le sue mani e il cuore. Era la madre universale di quel bimbo non conosciuto, era la generatrice della Terra, mentre arrivava l’ambulanza e ne scesero in due, lei vergava di sudore e pianto l’asfalto. Fecero un no con la testa e Stella ruppe a pugni il retrovisore. Non volle che lo portassero via subito, come una rondine guarda il suo cucciolo spezzato, volle provare a non smettere di credere, accasciandosi al suo fianco e toccandolo allungando le ali, urlando leggerissime parole. Perché ogni donna è madre universale è quel celeste che abita la vita,  stagno fiorito di purissime ninfee.

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