domenica 27 marzo 2011

Qualcosa che importa



Incide quell’ansia marittima di cui cantai
togliendoti il velo della coesione
ed era solo fuggi fuggi era solo
la tortura inflitta con piacere e
si spezza senza piegare in un raccordo
che si affaccia sul nulla ancora una volta
e in una sera d’agosto provai
nel bisbigliare dei balestrucci e fu
quel paesaggio assolutamente disperso
a dare il senso di quel vuoto ora compreso
piega come una mulattiera di pianura
illuminano le stelle il dorso chino di
chi ha paura dei passi nuotati a rana
e dio li benedice e ora lo capisco davvero
tutto quel sorriso incompleto di fanciullo
spinto su due grandi ruote e triste
confuso e inconfondibile nella prua
di herzog a incuneare tra i faggi la fatica e il pudore
quell’attimo (i paracarri rovesciati)
esigeva il lutto delle carni e di nuovo
passeggero di quella nuvola distratta
appena vista e sognata in abito scuro e zampe di
corallo e ancora una volta mi innamorai del mio carnefice
che mi marca di fumo come vitello per le macellerie
ed ogni roccia ritrovata di nuovo e dopo tolta
lasciando addosso quel grumo rosso roteante la cima
come dire l’amore di quel volo abbandonato subito
confuso e inconfondibile su calcarei risoluti
di spigoli in una pietraia non concessa
che non sapevo raggiungere e sottratto

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