martedì 18 gennaio 2011

Banditi



L’unica pratica di Sandro era un fucile d’assalto e l’unica certezza di Mario era una raffica di pistola. Un Kalashnikov cinese Sandro e una Beretta 93 Mario. Si facevano gli uffici delle poste dove bastava dare mille euro al vigilante e si entrava in sacrestia. Ammogliati e con figli, avevano fatto tutto insieme i briganti, la scuola e le medie dove si sparava solo in aria l’eco di un pallone di cuoio e gli eccidi erano eccidi d’amore. Erano figli di una terra pentita, erano la richiesta in ginocchio di Simone Martini. Quel ramo del lago di Bolsena che volge a settentrione scopre le biancane senesi e le diagonali di cipressi sull’Orcia dove senti il mare a meridione e l’apppennino brucia davanti. Avevano due 127 panorama: bianca Sandro e blu Mario, poi al bar dello sport trangugiando sandwich alla mortadella e il bianco dolcetto delle campagne. Si vedevano al pergolato, affettavano il pane e distribuivano il pecorino romano o lo mettevano nella mezza pagnotta in quell’alternarsi di montagne e sorrisi da superare. Nessuno li vide mai litigare, erano animali calmi mentre intorno la frenesia delle mosche sulla bocca dei cavalli. Mario era sul quintale senz’osso e Sandro una stecca in quell’apparire di mondi che sfumavano dal compressore alla canna e il revolver finiva lì. Erano bottini magri, erano cani sciolti e presi a calci nel culo, erano una diottria in meno. Stavano sulla falsariga dell’esistenza, in quel canovaccio nitido che stende i capitoli dell’amarezza in un sudario. Passamontagna fatti all’uncinetto. I gingilli li tenevano nel cellophane di una buca dove il fiume entra nell’Amiata e c’è una cantoniera sfitta e c’è un tugurio per mignotte e camionisti con scritto “vino e camere” in desolation road. Arrivarono. Mario era un po’ zoppo sulla sinistra ma non glie lo aveva mai fatto notare nessuno perché aveva il crisma e tutti i sacramenti e poteva esigerti la vita in una serie di lampi e tuoni e Sandro era troppo magro per stare dritto ma non glie lo dissero perché ti stendeva senza fare troppo fumo. Non serviva farlo, bastava sapere che poteva essere, che quella raccolta colorata di papaveri avrebbe potuto dipingersi di rosso caldo e di vapore finale. Eredi leali dell’onore scimmiesco e aristocratico. E presero i ferri mentre fischiavano i venti di tramontana e le giumente avevano i vitelli, mentre c’era un posto di blocco dei caramba perché avevano ferito uno, mentre aprile si respirava nella voce degli zigoli. Le crete di Siena stanno di traverso e i vitelli inarcavano la testa per baciare le mammelle e poppare. Stavolta non c’entravano nulla con l’impiccio e gli sbirri non li agganciarono che la fortuna soccorre gli audaci, come la storia della trave e della pagliuzza si dissero filando via nelle curve verso Arcidosso, sbiecando le guardie dallo specchietto. I mandorli sfiorivano. La terra era fulva e se un segreto dolor fa tremar la tua mano questo tango d'amor fa tremare il mio cuor oh violino tzigano suona solo per me. Poi il castagno si toglie e c’è il faggio e una piazzetta con un una Posta intromessa fra gli ippocastani, come nelle Campane di Dickens e le rondini affettano il cielo e scendono nella stalla dei maiali. Fu l’ultimo atto quando prima di calare le quinte il soprano prese il revolver e il basso il fucile mitragliatore, stavolta calze di nylon per maschere. Fu l’ultimo ballo in costume in quell’aria serena e doppia. Lo fu perché entrando stesero a calci una vecchia e mettendo i gingilli sul balconcino del grano c’era una fila di formiche a riscuotere la dozzina. Volti distrutti dalla campagna e Mario vide suo padre Bruno con il libretto della pensione mentre si sentiva male e veniva giù di botto vedendo il figlio camuffato da puttana e con il calcio in legno dell’AK 47 brandito come un’ascia. Gli arrivò un infarto fulminante e c’era un casino di urla intorno al corpo di papà e c’erano morte e vita e il ragazzo dietro la cassa che piangeva come un lupo ferito. Fu l’ultima volta di tutto perché ci fu un conflitto a fuoco con la PS entrata forsennata, gettando un lacrimogeno come uno straccio alle tempie nell’ultimo respiro degli affanni. Una spiata. Mario non usò arma e Sandro fu il primo bersaglio della sequenza, la prima tacca di mira. Odori di scoppio nella guardiola di sangue e giù tutti stesi a terra i feriti, i morti, gli illesi. La luce filtrava silenziosa dai castagni d’India, uscirono tre corpi stretti nelle lenzuola pulite, fasciati febbrilmente in tre sudari. Uno era grosso ricopriva l’apocalisse minima di suo babbo, per trascinarlo via servirono cinque portantini della Misericordia così come l’altro, proporzionalmente smilzo come un chiodino, aveva i capelli sporchi e macchiati dai papaveri.

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