lunedì 27 dicembre 2010

Il danno è fatto


Strade della solitudine, strade della costiera, strade dell’impazzimento, strade che non ricevi il resto, strade come pianura di bitume schiumato gocce e vapore dalla tramoggia. Volgarità. Poi ti volti e senti percuotere la pelle e ti giri sapendo di essere rincorso. Poi ti sdrai a rimirar le stelle e ti giri perchè le trovi nell’asfalto nelle pozzanghere secche. Carburatori. Le uniche luci che puoi vedere sono i flipper e le macchine mangiasoldi di quella baracca di bar. E fai lo slalom dei pensieri come fosse l’ultima occasione. Sentivi tutto il mese di agosto le grida lancinanti di un ragazzo, non hai mai saputo perchè fosse così. Pillole. Avevamo seguito tutta la notte le tracce della vita senza trovarle, non ci siamo riconosciuti in quella illuminazione dei sensi. Volavano le nottole in quel meticciato di terre brune o rosse, puttane e sobrie. E ti volevo fare la dichiarazione d’amore, come un bambino, avevi portato i panini ed io sono quel bastardo a cui bastavano. Clacson. Non ebbi la forza in quel pergolato naturale dove gli sterni delle locuste ammorbidivano il calore insostenibile degli imbarazzi. Avevamo seguito tutta la notte le tracce di una chitarra e non ne avevamo trovato né la materia né l’ombra né l’integrità. Senti la mia pelle ora come vibra, senti i miei capelli riccioli, senti la mia rabbia di te, senti la delicatezza dei miei occhi, baciami le orecchie. Estraniamento. Poi ti lasci accarezzare e sai che ho un senso di instabilità continua e tu, la mia gatta che fa la gnorri ne sei stata la custode gelosa da quando avevi gli occhietti chiusi e frequentavi il dominio su un animale semidomestico. Riverberi. Procede la strada curvando precede in ipnosi senza parole e sei il bocciolo tagliato o intriso, sei l’assenza insieme.

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