domenica 12 dicembre 2010

Di pietà il furore


Arrivederci letteratura, cosmetica osservazione di farfalle. Arrivederci bambina che vai in moglie in un passeggio breve. Arrivederci foglia distaccata per sincope da inedia. Credevi andasse peggio e sei ancora qui a supplicare la mia tortura soffusa, ancora qui ad elemosinare baci inattuabili e implorati. Assomigliare ad una prateria di Limonio di rosea tinta e di ciprie, stuzzicarmi a baci come piccoli morsi sui lobi e le guance. Alessandra, io sono partito, fa niente che ti strusci come una puttana che fa le fusa, la puttana sono io, lo sai benissimo. Arrivederci passeggiate sui gusci di muschi e calcari diafani, con la claque degli uccellini a guarnire la torta delle tue cosce acrobatiche sul lunotto. Arrivederci, acquario, solarium e bidet funambolici, ora è la danza degli specchi di alluminio come un frangente distorto in una risacca colitica. Arrivederci occhi che suggerivano panorami ultraterreni, arrivederci svestirsi in due sulla cassapanca con coltrane e de andré. Sfoltire. Chi è che fa la valigetta di cartone e si togli di torno una vita insindacabilmente dedicata alla pazzia. Avvinto come l’edera ad una concezione semplice. Sfoltire. Mi hai lasciato un perizoma celestino e una bocca da sfamare che sfamo. Erano bisogni primari ciò che abbiamo abdicato in virtù della pochissima poesia. Scelgo le equazioni del basso vivere ora, senza una attesa che riconduca al sogno, senza una mano distesa che riconduca ai pascoli della terra. Di quell’ amore a reminiscenza ragionieristica che potrei farne. La pipa brucia nel fuoco, la chitarra ha giocato per una fanatica janis joplin di provincia. Cosa significa essere diversi? Lo sento ogni istante quando mi torco le budella in un’ansia tragica, quando non basta nulla e sei nervoso, quando provi un accordo e la vita te lo sputa addosso. Dedicato al celibato, bastardo annebbiato incomprensibile agli occhi degli altri, ai propri. E il meglio l’ho già dato in pasto alle vergini delle tenebre di quelle notti tufacee giocate nel silenzio. Sfoltire. Perchè sono un uomo banale. Arrivederci amici di un sorriso, scheletrica eternità di passeggio e breve. Arrivederci languide risate dell’altrui voyeurismo e insieme. Arrivederci fontanile coi girini e ogni momento era magnifico e intero. Credo fosse un design iniziale e ne ero parte. In lontananza le brame dei sensi raccontano ferite, qui ed ora, morsi morbidi come sciami fittissimi di gazzelle pulviscolari.

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