giovedì 23 dicembre 2010

"Chiu il presagio"


Perchè dal punto di vista del rampichino la corteccia va in su e in quello del picchio muratore i solchi del tronco si trattano con la testa in giù. Perchè nati in un continente dove non soffriamo di fame e di sangue, ciò non vuol dire che sarà per sempre e sarà divertente vedere i milanesi luccicare i vetri lerci delle chevrolet a bombay o a calcutta, perchè il tempo è una derivata dello spazio e lo spazio spinge e prende a calci nel culo e arrivederci illuministi fiorentini di estrazione ex borghese. Non basteranno armi o leggi umane è la natura che ha i suoi cicli, terrorizzate pure uomini di bordeaux è ineluttabile, sculettate sugli ultimi tacchi bimbette di sheffield saranno gli ultimi vezzi.
Marco si svegliò sul tascapane tolfetano in quel di pitigliano, sotto un farnetto di foglia larga e di sottile architettura. Lo hanno sempre chiamato “chiu il presagio” perchè era un aruspico involontario che seguiva le manie della notte ascoltando assioli, dormendo all’aperto con un guscio di foglie a copertura, con la volta del bosco mediterraneo a tettoia e la mattina dopo raccontava i sogni ai pastori di quelle meravigliose pianure di miseria. Certo che “chiu il presagio” era un uomo singolare, amava l’opera e aveva tutte le registrazioni della callas e una volta vestito da pastore fu pizzicato nel foyouer del Donizzetti alla prima di Don Giovanni, restò fuori perchè c’erano delle maschere insolenti ma ascoltò i racconti di Leporello. Puzzava di biancosarti, era lieve come le brocche del biancospino, si portava addosso dolori intollerabili e antichi. Era al bar di manciano centro e raccontava la storia dei rampichini e dei muratori, degli indiani e dei borghesi strafottuti sognati la notte indietro. Il tufo ovattò due ragazzi biondini che gli urlarono: “ecco chiu il presagio funambolo e disagio, strettoia della vita e infame sodomita”. “Dammi un bianco” e si affacciava sul panorama del bancone e pigliava il bicchiere grosso. “Riempi questo”. Quando uscì incrociò due bellissime giovani donne e una fece un sorriso di dubbia equivalenza, ma ebbe timore e gli occhi voltarono sul marciapiede. Via il lucchetto e sulla bicicletta ad inseguire il sentiero rosso, si girò in considerevole ritardo, quando era certo che la bruna ben fatta si fosse liquefatta alla vista.
Perchè dal punto di vista dell’uomo il mondo ha due dimensioni, per quello del fringuello lo spazio ne ha tre. Marco si era fatto una cuccia con la ramaglia delle roverelle e per guanciali due vecchi nidi di merlo e anticipò la notte il suo sogno mentre l’assiolo lo incantava e “chiu il presagio” socchiuse gli occhi. Perchè nati in un continente d’acqua pensiamo alle altre ricchezze fatiscenti mentre popoli e bambini si uccidono per bere? Perchè noi parziali rimasugli d’occidente vendiamo la nostra madre acqua all’incanto di una privativa d’asta? Saremmo anche noi assetati e affamati e accecati per le nostre distorsioni di prospettiva in un eterno contraffatto. Cantava il lupo e l’usignolo gli ruggisce accanto. La luna accompagna il bacio dei matti e in quel luogo ancora una volta appare, come in una quinta scosciata di teatro, respiro indecente dei pazzi e appare amore, appare follia testarda di credere in una umanità possibile .

Nessun commento:

Posta un commento