martedì 21 dicembre 2010

Lodolaio


Dentro gli occhi di quel lodolaio io e la mia casa angoli e tenebre nel mulinello. La pianura che si piega all’inclinazione dell’asse terrestre in quella luce morbosa, le mani, le mani, le mani. Un piccolo rudere assorbito nelle ferule e nei peri, somigli alla storia che ci riguarda. Dentro gli occhi scuri ho seminato quei pomeriggi tutti uguali al pianoforte scordato dell’adolescenza. Madre dolcissima, arpia e zoccola, figura trasparente. Stavo con a e pensavo a b e stavo con b e pensavo ad a sempre adescato dal brodo delle giuggiole di cera gialla. Sei mai stata rapita da quel nulla che incombe leggerissimo, hai mai ragionato sulla purezza. E quando sei nella valle nulla è esclamativo, segui il ritmo del fosso inciso in crepacci profondi di sabbia e se ti chiedi perchè, meglio che fuggi in una delle due estremità gradevoli in una specie di manicheismo raffinato. Lo chiami ragionevolezza ma qui sei allo scoperto e si vede tutto. Frena che si slitta. Un gingillo ardesia il dorso che assottiglia che è un flash di ciglia e visibilia. Dentro gli occhi di quel lodolaio. E maggio portò l'uccisione di due aironi, si voltava pagina. Allora come un mantra ripetevi che ogni inzio è un precipizio che ogni fine un velluto con le trine e le sirene della polizia la notte a risvegliarti come l’unico colpevole come un uomo da torturare. Trasandato virile tormento neanche di te ebbi cura.
“Maria porto il cane fuori a fare i bisogni” ed Ezio uscì giù per le scale. I platani in una prospettiva di grandangolo, quando non ti senti bene, occhio di pesce e oscilli e vedi per terra e guardi il cielo ma scarti di lato come un ubriaco e non senti le voci di quel coro cedevole. Maria era in quello spazietto tra ingresso e tavolino distesa. Dentro gli occhi arabi di quel lodolaio grida quel bambino ed è lì la mia casa, angoli e tenebre nel mulinello.

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