venerdì 17 agosto 2012

Carlo B.



Non mangio più, non bevo più non deglutisco. Intorno una brezza spenta, rottami e un centro sociale lasciato a bruciacchiare stoppie, ruggine, lattine di vomito e come sono finiti qui giocattoli di plastica e ferro lo chiedi a dio. Sarebbe questa la consueta passeggiata che si concede Carlo B, nell’intonazione delle rane. Ci sono cani di proprietà e cani bastardi, cani dal muso lungo e raggomitolati al tempo, ci sono cani in catena e cani da bastone, facce da juke box e latrati di richiesta, la birra scende scola il fosso e risale nell’appendice estrema dell’irrequietezza. Carlo B ha poca pretesa, ha un coltello, una giornata a disposizione, ha una chitarra senza il LA e la voglia di ingoiare una penna.
E dalla parte opposta passò un cavallo e una mucca, vortice di cinghie e sferragliare di orecchini, chiedilo al tempo, chiedilo alla fine, chiedilo alla madonna pellegrina  e il sapore della pelle di lei traversò le ginestre scalpitando come il respiro dopo la corsa. Fustagno sulle cosce, cuoio e una camicetta bianca immacolata, dove la liturgia del luogo è la sabbia e ali colorate, dove un serpente dissolve al sole l’ultima parte dei suoi nervi, rimarginandosi. Il suo cesto nero di capelli e la notte furono il suo letto, Carlo B ripensò un momento al trottare di quei seni,  solo un attimo come per dovuta  formalità. Il suo letto fu la notte e il frusciare del barbagianni.  Recitò la preghierina “fanculo agli uomini, fanculo alle mogli, alle amanti e alle piedonne, fanculo alla gabbia in cui mi porti, fanculo agli impiegati e alle supplenti, alle croci di guerra ed agli altari. Amen”.
Carlo B rannicchiato in un giaciglio di niente,  passò un topo e gli fece paura, schiarì appena, passò un vecchio con la bicicletta  e ad ogni colpo di pedale provò qualcosa che non seppe definire. Teneva stretta nella sinistra la sua bic senza inchiostro. Forse era  la pietà della condizione, se lo chiese, era caldo e tolse le scarpe, una piuma di piccione fece centro sui capelli. I pensieri sono arcipelaghi e le voglie sono la bandierina geografica al centro della barriera dei coralli, il colore è una illusione momentanea, una percezione soggettiva dipendente dagli strumenti e dal riflesso e il dolore è una cassa armonica dove dipingere un cuore e le iniziali. Il cielo sorgeva sul mare piatto come una strada, Carlo B terminava la sua pentecoste preparando la colazione. Passarono due atletici e i gabbiani, passarono le rondini, passarono due donne di malaffare. Si sentiva un friggere secco di plastica, la luce era accesa, il termine scaduto. Crocc cricc dalla parte del cappuccio o del rostro come un trireme fenicia inabissata nell’esofago, una bic sottile senza inchiostro.

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