domenica 30 ottobre 2011

I galli urbani


La città può accoglierti solo quando la notte saluta e il giorno ha ancora le doglie, poche luci, la brina appiccicata su una ringhiera di ruggine e sui frutti della piantaggine, quando il motore rallenta e ti fermi al margine della radura. Scendono cani vagabondi e traffichi col registratore. Uscii quella mattina col cielo di bitume per incollare supporto magnetico i canti e le voci delle civette o di quello che capitava: fosse un ruscello un suono di campane o di un passero solitario insonne. E trovi quell’ambiente cittadino o periferico come una sequenza azonale, come una spirale logaritmica di conchiglia che può avvenire a viterbo o roma o calcutta. Scivolano le mignotte nelle macchine grandi, filano via infermiere dal culo basso con un cabaret pieno di cappuccini e dolci fritti, sgommano due seminaristi del sacro cuore coi sandali e lo sguardo basso. Attimi in cui immanente e imminente coincidono attendendo il sole e fai “record” indossando una auricolare bianca. Sentendo cose che non vedevi e che non avresti visto se non passando nel filtro dell’udito replicato facendo “play”.

| Art. 30 del Regolamento comunale di Vernaccia “E’ ammessa la detenzione in ambito urbano di piccoli gruppi di animali da cortile e volatili (piccioni, uccelli ornamentali, conigli, galline etc.), previa autorizzazione dell’Amministrazione Comunale e preventivo parere favorevole della ASL. |

Abitavo la città dei galli dai bargigli ambulacrali che non avrei mai sperato, era tutto un pollaio e non me ne ero mai accorto. Bastava fare record, nominare il file, poi play ed era una scena di chicchiri ecc. ecc. Infinita. Così misto a una sirena dei vigili del fuoco galletto bankiwa indiano urlante scamorzerie dialettali. Registrazione 1. Tra allarme di pettirosso e canto di saltimpalo, gallo bianco di sette chili aspettando di diventare brodo natalizio spezza l’attesa in fragoroso canto semirurale. Registrazione 2. Gallo non riconosciuto ma chiassoso e rumore di foglie di quercia. Registrazione 3.

Così ragionai sulla prospettiva pittorica della vita quotidiana o della vita tout court. Ci diamo un centro da cui deriviamo gli altri pensieri in maniera proiezionale. Come una svolta fintamente realistica dell’esistente del genio di Giotto o Piero della Francesca all’interno d’una cornice lasciando la mimesi per uno spazio 3d. Quello che non ci capita troppo di capire è che abbiamo miliardi di fuochi e di baricentri prospettici, messi su un piano o di traverso, fluttuanti e fermi o simulati alla bene e meglio. Più comodo un baricentro resistente se non ne esistesse il suo rovescio, se non urlassero le piccole foglie nelle catacombe fognarie, se non regnasse la prospettiva orecchiabile e la dittatura allegra dei segretissimi galli urbani.

Nessun commento:

Posta un commento