sabato 26 febbraio 2011

L'Enigmista


Apportando dei cambiamenti logici ogni pensiero si specchia e capovolge. Costruendo sulle macerie puoi scoprire di te ciò che non avresti mai pensato immaginare e così fondando la tua morale su qualunque certezza ti riveli per quello che sei, sveli il gioco della coperta troppo corta e fai le bizze. Mi hanno insegnato da bambino che il conforto è nella certezza e così ho portato l’aspersorio nella settimana santa della rinascita degli uomini, così ho creduto che esistesse una strada che portasse all’illuminazione e ho creduto in dio patria famiglia e i tredicianni volavano. Poi capita che è così tanto meglio pasolini di mussolini e ti metti le mani alle tempie, radendo le basette con le unghie, ragionando sulla tua esperienza, incantato nel disincanto di quella valle fiorita dall’indaco degli alberi di giuda, dove ti senti solo, minuscolo e giusto. C’erano due fedi e non le ho abbracciata nessuna, c’era la fede divina e c’era la fede nelle teorie marxiste e c’erano i luoghi delle liturgie consacrate e c’era la chiesa e c’era la sede del pci ed era tutto meno schizofrenico e più semplice di oggi. Ma troppo semplice alle mie domande da strada che non valicai nessuna delle due porte se non per accompagnare per cortesia un amico. I colori dei pittori del rinascimento e un campo di fiori delle vittime mi hanno detto che nulla c’è più sporco e truce del manicheismo. E se non stavi con bush stavi con saddam se non stavi con saddam stavi con un bush e tu ti interrogavi sul livello così mediocre di questi ragionamenti illustrati da famigerate e importanti penne di questo cazzo. Poi se non stavi né di qua né di là eri un liberal e vorresti sfracellare la faccia di questi portatori sani di idiozia, vorresti sfracellarla a botte, ma non ti sembra elegante e glissi, glissi sopra. C’è la sistematica che costruisce delle categorie e la classificazione che decide in quale cella devi stare, funziona poco in biologia, ma nelle scienze antropologiche sono idee da fogna, cloache dominanti nauseabonde e comode. Non mi sono mai interessato a queste stupidaggini, chi vuole salvare la sua umanità può e direi deve fottersene scappando come un giaguaro che saluta dal finestrino sbellicandosi di risa. Quando fu la volta di ricevere le carezze compresi che ogni argomento è relativo, quando sentii la tramontana muovere le foglie si rivelò tutto per ciò che volevo mi sembrasse e ogni foglia muoveva in maniera diversa e ogni bacio era immensamente unico, le labbra di quel vento furono il maestro che più ho amato. Sentirsi felice perché scacciato dal mondo, vivere nel tuo sorriso per ogni abiura ricevuta come trotski, come svevo, come francesco di assisi. Capii fortuitamente mentre quel prato d’agosto era giallo come un cristo di gauiguin che potevi stringerti ad una idea ed a una donna, così caso per caso e la maremma stessa mia madre era relativismo etico. Poi venne un altro dio a bussare questa volta più intimo che quasi mi accarezzò le idee. Il dio delle droghe e avevi la soluzione pronta al prossimo numero. Lasciare il corpo in quell’ammanco di cassa e in quella decisiva sottrazione di dolore. Dissi di no, troppo dogmatico e scontato il finale per un randagio che vive solo contropelo. Presi la riga e la squadra, disegnai un reticolo di espressioni ancora da definire e misi dei quadratini neri quando il nonsense intersecava quella struttura immaginaria, metafisica e parzialmente perfetta. Ossessivamente misi dei numeri sulle ascisse e le ordinate e colorai partendo da in basso a destra, fantasticando sulla dimensione zeta. E il vento penetrava dalle finestre e lo lasciavi entrare come tirocinio alla turbolenza. Ghirigori asciutti. Con la gomma pane cancellavi e riordinavi verticale e orizzontale in una danza senza sintassi, in quell’astrattismo di Mondrian che di ogni significato esplodeva la piena rivoluzione.

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