domenica 13 febbraio 2011
Io sono il "Nocivo"
Ecco l’aria si torce, le inquietudini degli uomini mi stanno sopraffacendo. Ho la zampa sinistra rotta da una tagliola di ruggine e sto vivendo l’agonia di cristo in questo bosco di sughere e corbezzoli, la nostra casa insieme. In nome di cosa mi sto dissanguando fino a morirne, perchè devo scolorire il mio pelo che era il tuo in queste urla disperate? Perchè mi hai troncato di netto l’aorta femorale con il ferro e cosa è successo? Puoi dirmi cosa può aver scatenato in te questa atroce disumanità? Hai una madre che ha corso con te da bimbo, insegnandoti con i suoi occhi i tuoi paesaggi, io avevo i cuccioli che ora se ne stanno al riparo in una siepe di pungitopo alla bocca di un tunnel fresco, fatto all’ombra della vita, dove lo stracciabrache intreccia, dove l’edera ci abbracciava ancora. E non mi avranno più. Dimmi come farai a giungere a casa e guardare i tuoi cuccioli e i tuoi occhi? Inizia a scendere il sangue dalla bocca e non so cosa guardare se non i miei movimenti inermi e muoio calmo in un lancinantissimo dolore muto. Ti ho osservato passare tante volte nella nostra reggia di foglie e non ti ho mai detto "nemico". Sentivo il nostro corpo a corpo come una dinamica celeste e le mie ghiande le tue ghiande. E abbiamo lo stesso fiume e lo stesso dio. Ora il muso sta sporcandosi di terra e tu sarai al riparo dalla notte nel tuo riparo. Hai raccolto un lupo nella tua seconda persecuzione, pulsava come metallo nella notte e tu lo metti nella mia croce accanto e nella terza un pettirosso che prova ancora a muovere il corpo ma è sommerso il respiro. Invoco yama, mentre un filo di vita mi accarezza sottile e mi abbandona, invoco giuseppe dolcissimo patrono dei moribondi e dei poveri, ma non per me e per le mie croci dolorose accanto, ma perchè di te uomo abbia una infinita pietà e possa esser capace di concederti lo sguardo del perdono.
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