mercoledì 8 dicembre 2010

Happy Christmas 2iu


Il foglio bianco, la birra e i panini. Sindrome da narcolessia, ruggiti di ragnetti nell’intercapedine di un solaio immaginario. Spara per primo, fracassami le tempie, portami nel sentiero aspro dell’illuminazione. Le foglie cadevano in un tappeto di natura patchwork, mele marce sugli alberi senza fede, motorini parcheggiati per terra. Babbuini in fila indiana, indiani in fila babbuina, spagnoli, italiani in fila babbuina. Era tempo natalizio. Filosofia.
Enza si chiamava, una volta le diedi l’autostop, ma era una tossica e ubriaca e non lo sapevo, feci finta di fermarmi e la mandai affanculo fuori la macchina. Racconto, imbroglio, di essere un uomo gentile ma non è vero. Nessuna carezza. Le urlai io ti dimentico. Filosofia.
E’ natale e mandano le letterine a Babbo. Enza tirava i cartoni li trascinava per terra senza il carro dorato e le renne ciccione, piangeva. “Aprimi la portiera, lasciami, lasciami entrare, ho il fumo”. Alla fermata dell’autobus sempre la stessa giostra, non la caricava nessuno. Era piccola, il volto tumefatto da quando non se lo ricorda, età indecifrabile, dai 28 ai 50. “per piacere, per piacere, un passaggio, ho il fumo”.
Era natale senza il passeggio della misericordia, senza le strategie confortevoli di una presunta modifica della dolcezza. Generalizzata. Parlando da uomo di strada, se sei stronzo a settembre cosa cambia poi. Una foto fuori fuoco.
“Offrimi, dedicami la tua vita, benedici i miei errori, dammi un passaggio, ho il fumo”.
Urla per primo, non accettare mai nulla che non ti prescriva il cuore, portami di notte nel letto del fiume, protetto di bagliori di lucciole saettanti in giravolta.
Perchè lo spettacolo va avanti anche se sei la comparsa dell’ultima fila, perchè la maschera del cinema "Azzurro" illumina a torcia due giovani che stanno lì solo per pomiciare e spogliarsi, perchè la rabbia non passa neanche con le pasticche, perchè sei nato diverso e continui di traverso.
Bordeggiava il peperino, capinere e pettirossi erano unico visibilio. Rise. Poi, capisci sempre dopo e la avresti consolata, sfagottandola un po’. Ora è tardi, la puntina del giradischi è sui solchi spessi dell’epicentro silenzioso e si incanta. Frigge. Ora è per terra, sputata come un francobollo. Filosofia.
Non c’era nessuno al riconoscimento del corpo, l’amministrativa di anatomia patologica aveva un camice bianchissimo, gli stivali di camoscio dentro i jeans, una bella figa ben nutrita, disse: come faccio a compilare il referto, questa è nessuno. Il primario attento,” ha ragione Erika”, e le guardava goloso il culo. “La metta nella pagina degli Sconfitti”.
Passavano gli zampognari, transitavano delle belle vecchie con le pellicce di gattopuro. Masticavo amaro e schiumavo in un flash e in un mosso. Feci per piangere. Riuscendoci.

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