domenica 22 maggio 2011

Senza nessuna colpa


Lasciava  precipitare quell’ombra sottile da lampioni che modellava  figura e calcina del muro  in un inseguimento involontario e diffuso. Passi lenti  in un compasso elegante e da rapina. Considerata la circonferenza del  percussore  ne aveva passato il mezzo da parecchio, così quando rovistava nei  cassonetti aveva stile e si diceva spesso che se gli elefanti di Annibale si erano cibati dei fiori del pino mugo alpino, il suo pasto era allo stesso modo inusuale e degno. Fischiava e cazzeggiava. Lo dicevano tutti ma soprattutto era vero che la sua vita era divenuta un espediente continuo. Quella strada stretta che costeggia il torrente delle volpi, che ascolti in miagolii amorosi sul margine delle sabbie e ne trovi solo l’impronte e il vaffanculo. Impressi. Così la gloria poggiò il mantello sull’uomo  senza una storia da condividere ed era evidente che stesse per accadere il fatto. Un bisbiglio, la configurazione astrale, il freddo della lama sotto le pezze, qualcosa si principiava. Provò a scappare, tirò diritto in via delle lune, ma la diagonale dei suoi passi incrociò tre incappucciati con una donna giovane tenuta col braccio alla gola e sopra una pistola a monito della strage possibile e annunciatissima. Uscivano velocemente da UniCredit e la security era già stata mazzettata e non faceva null’altro che fingersi stordita per terra per colpo di baionetta dadaista. La giovane donna si dimenava ma in silenzio che se ti dicono” se urli ti spappolo il cervello” meglio sempre seguire il consiglio. Era una rapina a mano armata con condimento di ostaggi, ma fino qui lui cosa c’entra? Quell’uomo sottile come la sua ombra da lampioni ne era del tutto avvezzo e aveva recitato quasi tutte le parti possibili in commedia. Solo che sotto i tre cappucci ne riconobbe uno da sotto il nylon.  E non era un dettaglio da poco, perché questo gentleman lo aveva sgarrato più volte si era acceso una sigaretta ed entrato a prendersi un caffè quando invece doveva fare il palo e basta che è un lavoro da bambini. Da quella volta, da quella prigione che riuscì a salvarsi gli iniziarono incubi ogni notte che il pentimento non scacciò mai la forma di quel dolore e chi la aveva procurata per rubargli ogni sogno per un caffè e un cappuccio al bar quando doveva fare solo il palo. Cazzo doveva fare solo il palo, cazzo ed è un lavoro da bambini. Poi non seppe se mantenere la sua ritrosia da gatto martirizzato nella sua ancora candida innocenza o fare la necrotica scelta dell’azione. Far prevalere la sua sacrosantissima misantropia oppure dar luogo ad un gesto etico. Poco tempo per domande così strette. Così la lunga spada penetrò L2 e conficcò il cuore all’incrocio dei suoi incubi, così quel sangue riverso tagliò la diagonale delle sue notti di deliri. Sentì di essere felice magari solo per un attimo, in quel bosco di polvere da sparo e di sangue e di lamiera, sentì tremare il corpo, sentì i suoi cani correre in discesa per leccarlo. Quella pietà che induce a perdonare la aveva troppe volte usata per perdonare altrui colpe e reati, ora la declinava in suo nome e tutti lo dicevano che era giusto ma soprattutto era vero, che fu una relativa ricompensa alla sua fuga impazzita. Così che la mattina dopo lo chiamarono a fischio e come sempre, ma stavolta uno aveva un ritaglio di giornale: “Rapina sventata da UniCredit, il valore di un uomo che ha disarmato e ucciso un rapinatore dopo un conflitto caotico causato da questi, e ha consentito l’arresto dei due complici, merita il ringraziamento della nostra piccola comunità: una madre ha potuto riabbracciare i suoi figli grazie a quest’uomo dal grandissimo senso civico e dall’ encomiabile spirito di servizio. Il sindaco su nostra sollecitazione ha prontamente, e di questo lo ringraziamo pubblicamente, deciso di conferire a quest’uomo onorevole una medaglia d’argento al valor civile”. Sorrise all’uomo col ritaglio, un risolino così ben fatto e ricambiato che non gli veniva da secoli,  gli venne una scheggia di buonumore e gli fece “ma così mi disattengono” sorrise  fra sé e la siepe di biancospino in fiore, lasciò un tagliente vaffanculo in quel fossetto invisibile.

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